Forse l’argomento che in Escursioni Fotografiche ci sta più a cuore, quello per il quale dedichiamo molto spazio durante i nostri interventi.
Stiamo parlando dell’etica nel fotografare la fauna e in special modo l’avifauna.
Come abbiamo già anticipato in altri articoli la fotografia naturalistica è un genere di fotografia che mette al centro la natura e l’ambiente sia da un punto di vista di fauna che di flora.
Il poter apprezzare la bellezza di un animale nel suo habitat e saper cogliere le specificità del suo comportamento sono forse la massima aspirazione per un osservatore della natura o per un fotografo naturalista.
La presenza dell’uomo in questo contesto naturale può a suo malgrado causare effetti anche devastanti e non necessariamente la sua volontà.
La fotografia naturalistica da diversi anni è svolta sia da fotografi professionisti che da amatori o da neofiti della fotografia per via della libertà che si prova nel contesto naturale e dal sogno del reporter naturalistico.
Negli anni la fotografia naturalistica è sempre più praticata sia da neofiti che si approcciano alla fotografia per la prima volta sia da fotografi professionisti, questo perché ci permette di trascorrere molto tempo immersi e a contatto con la natura oltre al mito del “fotografo del National Geographic”.
Nel paragrafo precedente poi ho parlato di fauna e flora selvatica e, non a caso, voglio ritornare su questo punto fondamentale.
La Fotografia Naturalistica è sinonimo di libertà e di conseguenza fotografare animali selvatici in condizioni di “cattività” nel senso di rinchiusi in recinti o gabbie è una forte contrapposizione al significato, alla caratteristica e all’etica della fotografia.
Parliamo del concetto di “etica”
Secondo l’Accademia della Crusca, per definizione intendiamo etica
“èthos <ètos> s. m. [traslitt. del gr. ἦϑος]. – Nel linguaggio filos. e delle scienze sociali, il costume, la norma di vita, la convinzione e il comportamento pratico dell’uomo e delle società umane, e gli istituti con cui si manifestano storicamente: è l’oggetto proprio dell’etica. In senso più generale, comportamento e abitudini di vita, riferito anche agli animali e alle piante (v. etologia […]).”
Semplificando il più possibile possiamo intendere quali sono i fondamenti che ci permettono di assegnare ai comportamenti, una distinzione tra leciti, buoni, corretti, rispetto a comportamenti ritenuti diametralmente opposti secondo un modello di comportamento ideale.
Parlando poi di codice etico andiamo a definire quelli che sono i principii di condotta e i particolari criteri di adeguatezza e opportunità in riferimento ad un particolare contesto come in questo caso quello della fotografia naturalistica.
Stabilire poi in modo arbitrale un codice etico o diversamente tale risulta particolarmente difficile.
La nostra opinione e la nostra filosofia sull’etica per fotografare..
Per quello che può valere ma partendo dal presupposto che passione per la natura e anni di formazione in ambito naturalistico e turistico possono pur voler significare qualcosa, per noi, l’atteggiamento e l’approccio di un fotografo naturalista deve sempre esser improntato a un totale rispetto della fauna, della flora o dell’ambiente più in generale.
Vi sono una serie di fattori che devono esser presi in considerazione quando siamo in natura poichè pur essendo o meglio, il voler essere degli osservatori passivi della natura, la nostra presenza non passa mai inosservata.
Ma quali sono questi fattori, sicuramente primo fra tutti il “disturbo” sia che si tratti di mammiferi o di avifauna (e questa in special modo) il nostro passaggio per sopralluoghi o per sessioni di fotografia in alcuni casi può causare disturbo agli animali.
Possiamo poi arrivare a condizioni ben più importanti , pensiamo ad esempio al cosiddetto “spavento” ovvero causare la fuga repentina dell’animale una condizione di stress che se prolungata nel tempo può causare anche l’abbandono delle nidificazioni o addirittura lo spostamento in altre zone o areali.
La regola del “buon senso”
Va da sé che senza troppi giri di parole la regola generale del “buon senso” è quella che dovrebbe stare alla base ma molto spesso non è così, troppe volte ci siamo trovati davanti all’inseguimento dell’animale, vedi alcuni accadimenti, anche recenti nel Parco Nazionale del Gran Paradiso dove la rincorsa allo Stambecco o alla Marmotta sembra sia diventato lo sport del momento, o peggio ancora, il tentativo di avvicinamento degli animali utilizzando il cibo.
Comportamenti che il più delle volte accadono per mancanza di informazione o semplicemente (ed è ancor peggio ndr.) per la ricerca del fantomatico post o video virale.
Siamo ahimè tutti a conoscenza, grazie ai mezzi d’informazione e ai social di situazioni ormai critiche dove gli appassionati o i dilettanti troppo “arroganti” rischiano di mettere ancora più in difficoltà ambienti già fortemente stressati dalla presenza umana che non tiene conto delle principali regole di base per una convivenza uomo/ambiente sana e sostenibile.
Il comprendere e valutare
Saper comprendere la natura o meglio il quadro che troviamo davanti a noi dalla parte opposta dell’obiettivo e la scelta di scattare o abbandonare se mancano le condizioni di salvaguardia e di tutela della natura spettano chiaramente al fotografo e il sapere fare questa scelta ci rende “buoni” o “cattivi”.
Ricordiamoci sempre che la fotografia naturalistica è un mezzo di divulgazione scientifica.
Non si tratta solo di raggiungere con una foto la massima espressione artistica o tecnica con lo scatto ma di raccogliere testimonianze sullo status naturale di un determinato territorio.
Ricercare, indagare e studiare
Quello che possiamo sicuramente fare prima di approcciare il modo naturale è quello di documentarsi, non solo sul territorio che si vuole affrontare così da conoscerne le eventuali difficoltà o specificità ma soprattutto sul contesto ambientale e di habitat.
In questo modo si avrà un quadro più completo sulle possibili specie che si potrà incontrare (animali o floreali) e documentandosi su di esse si potrà cercare di conoscere al meglio le loro peculiarità per recare così il meno disturbo possibile con la nostra presenza.
Le conoscenze che si vanno ad acquisire preparandosi ad una sessione fotografica ci permetteranno di progettare al meglio i nostri reportage ed arrecare il meno disturbo possibile.
Ma quali possono essere i vantaggi di una corretta progettazione?
Ecco alcuni spunti ed esempi che vi possono meglio far comprendere perchè è indispensabile progettare:
- su come e dove individuare il soggetto che vogliamo fotografare;
- quale stagione o periodo dell’anno scegliere;
- quali tecniche di avvicinamento e appostamento utilizzare
- studiare la morfologia ed il paesaggio per scegliere l’ipotetico lo scatto migliore
Qualche consiglio utile
Da parte nostra, qualche consiglio, un brevissimo vademecum su alcuni comportamenti da tenere o da prendere quantomeno in considerazione quando ci approcciamo alla fotografia naturalistica:
- creare il meno disturbo possibile e mai inseguire gli animali
- se portate con voi il vostro animale da compagnia, verificate sempre se il suo accesso è abilitato all’interno di Parchi o Riserve naturali (e ricordate che è obbligatorio l’uso del guinzaglio)
- evitate rumori molesti, urlare o vociare troppo forte, poichè questo arreca disturbo agli animali
- prendere visione dei regolamenti Regionali per tutto ciò che concerne il contatto con animali selvatici.
- verificare sempre se è possibile o vietato l’uso di capanni mobili.
- evitare l’avvicinamento e relativo disturbo a zone di nidificazione (in alcuni Regioni e Stati si viene sanzionati)
- cercare di utilizzare un set-up fotografico che ci permetta di essere distanti dagli animali che vogliamo fotografare (uso di teleobiettivi)
- non alterare l’ambiente manipolandolo a nostro piacimento per “creare” uno stage fotografico adatto alle nostre esigenze
- prestare attenzione a non disperdere la nostra attrezzatura o ciò che ci portiamo dietro dimenticando in giro pezzi.
- non avvicinare gli animali e in special modo invertebrati e animali a sangue freddo prendendoli in mano o spostandoli in giro per “creare lo scatto”.